L’apprendimento non è solo questione cognitiva o motivazionale, c’è un componente che ogni persona porta sempre con sé: l’emozione….

 

Le emozioni e la loro presenza in classe

Chi insegna lo sa bene: in classe si va con 2 bagagli, il primo è lo zainetto con libri e quaderni (salvo nelle realtà in cui si applica la didattica “senza zaino”), il secondo può essere un vero fardello ed è costituito dalle emozioni, o meglio dal modo in cui si gestiscono. In casi estremi i risultati scolastici possono essere compromessi dall’incapacità di far fronte alle emozioni stesse, che possono travolgere fino a far perdere la bussola. Le emozioni però – ed è questa la bella notizia – possono moltiplicare la capacità di apprendimento.

 

Quando le emozioni travolgono

Torniamo indietro fino al 1992. In quell’anno la cittadina francese di Albertville ospita i giochi olimpici invernali, che si tengono dall’8 al 23 febbraio. È nella mattina di giovedì 20 che si consuma il dramma sportivo di uno straordinario atleta del biathlon. Non si tratta di un atleta qualunque, stiamo parlando di un campione di livello mondiale, uno che a fine carriera avrà collezionato 24 podi in coppa del mondo, 4 ori e 1 bronzo mondiale, un terzo posto alle olimpiadi e 15 medaglie ai campionati italiani. Il suo nome è Andreas Zingerle e quella mattina, nella gara dei 20 Km nessuno riesce a stargli dietro. Il biathlon è una disciplina che unisce sci di fondo e tiro con la carabina, nella 20 Km individuale ci sono 4 postazioni di tiro (2 in piedi e 2 da terra) ciascuna delle quali prevede 5 bersagli da colpire con 5 cartucce a disposizione e per ogni errore la penalità di 1 minuto.  Le partenze sono scaglionate di 60 secondi in 60 secondi.
Quella mattina – come detto – Zingerle è superiore, ha 31 anni, talento smisurato e una forza che nessun altro sembra avere. Dopo la prima postazione di tiro (superata con percorso netto) solo il campione olimpico dei 10 Km gli è davanti ma appena rimessa in spalla la carabina inizia il suo capolavoro. Già alla seconda postazione (anche questa superata senza errori) è in testa e l’inseguitore arranca a quasi 30 secondi di distacco. Poi via con la terza sessione di tiri e qui il vantaggio sale a quasi 45 secondi; poi la quarta, che Zingerle affronta con un margine incredibile: 1 minuto e 12 secondi. Qui il black-out: un errore al primo tiro, ma è ancora in testa, un respiro e… anche la seconda cartuccia manca il bersaglio, quello da 11 cm (Zingerle è alla postazione di tiro in piedi, i bersagli da colpire pancia a terra sono di 4 cm), che alla distanza di 50 metri è comunque piccolo. E quel giorno diventa davvero troppo piccolo per Andreas, che continuerà a non centrare il bersaglio finendo la gara, incredulo, al diciassettesimo posto.
Zingerle fu travolto dalle emozioni, quella paura di vincere (o di sbagliare) che gli animi più sensibili portano sulle spalle proprio come un fardello che non sempre riescono a trascinare; quando non ci riescono è il fardello a trascinare loro.
Questa è una storia che parla di sport ma è emblematica. Allo stesso modo – infatti – può capitare che in classe qualcuno sia sopraffatto da un’eccitazione che può essere paura, ansia o anche un’eccitazione non definita ma più forte di tutto, più forte della determinazione, più forte della preparazione, più forte delle capacità. E quest’emozione può portare anche a sbagliare compiti semplici.
Le emozioni sono una grande forza, sono un “circuito di aiuto” ma se negative o eccessive diventano “cortocircuito disfunzionale”.

 

Emozioni e memoria

L’idea che in una classe siedano semplici esseri razionali e che sia sufficiente esporre i concetti per far sì che vengano appresi è superata da decenni e la scuola si avvicina sempre più alla sfera delle emozioni curando il contesto in cui le cose si apprendono e facendo attenzione a ragazzi e ragazze in quanto persone. La didattica, di pari passo con le neuroscienze ha quindi sviluppato una serie di metodologie e di approcci che vanno a valorizzare la dimensione emotiva, a partire dal fornire strumenti per capire, nominare e infine gestire.
Uno dei punti di partenza è la scoperta dei legami che intrecciano emozioni e memoria (qualcuno parla addirittura di “memoria emozionale”). Sotto il profilo fisiologico le emozioni si “trovano” principalmente nell’amigdala e hanno un senso evolutivo legato alla sopravvivenza, anche per questa ragione le emozioni facilitano il ricordo (le cose utili alla sopravvivenza vengono immagazzinate e mantenute). La scienza sta disvelando i complicati meccanismi della memoria ma quello che ormai è assodato è che l’ippocampo non è l’unica struttura cerebrale implicata nella memoria (l’amigdala, coinvolta nei processi emozionali, è “vicina di casa” dell’ippocampo e si attiva in sinergia con quest’ultimo per formare ricordi a lungo termine). Senza approfondire – non è il caso di farlo qui – il concetto di “marcatore somatico”, possiamo però dire che:

  • nel cervello nessuna funzione è silente a tutte le altre, non c’è niente di “isolato”, il cervello agisce sempre come un’orchestra sinfonica
  • le emozioni “cementano” i ricordi
  • l’evocazione di un ricordo si associa all’evocazione dell’emozione cui è legato.

È chiaro, a questo punto, che grazie al clima e alla relazione fra insegnanti e classe, si può “colorare” l’apprendimento di emozioni positive. In questo modo imparare porterà a risultati duraturi e sarà qualcosa di “desiderabile”. È questa la warm cognition, approccio che sfrutta le emozioni positive come il piacere e la gioia ma include anche la relazione, la scoperta, il desiderio, il compiere strada sia in autonomia, sia in gruppo.

 

Cosa succede quando le emozioni negative si legano all’apprendimento?

Se noia, rabbia, timore o addirittura paura connotano lo studio, ragazzi e ragazze tenderanno a evitare ciò che mette a disagio. Una materia o lo studiare in sé potranno risentirne in modo significativo. Bisogna considerare l’effetto che un’emozione negativa ha sull’autostima e sul sentimento di autoefficacia: il continuo ripetersi di un apprendimento legato a sensazioni svalutanti, può indirizzare verso quel fenomeno che la psicologia definisce “impotenza appresa”, vale a dire una serie di esperienze e conferme che fanno maturare la convinzione di non possedere capacità.
L’apprendimento è invece gioia, ed è nella gioia che è importante riportarlo.

 

L’importanza di gestire le emozioni per lo studio

In classe, quando un’emozione travolge, c’è difficoltà a prestare attenzione. In questo caso anche un’emozione positiva può “distogliere” la mente da ciò che si sta apprendendo. La possibilità di autoregolare e gestire le emozioni (specie quando sono in “eccesso”) è quindi un’abilità fondamentale. Nella scuola italiana sono innumerevoli i progetti che sostengono la consapevolezza emotiva e la direzione è indubbiamente da seguire e ampliare perché, fra gli altri aspetti, qualcosa che viene appreso con il giusto livello di emozione, può dar luogo anche a un altro fenomeno in grado di solidificare il ricordo: la condivisione sociale. Se una lezione ha attivato reazioni emotive positive, l’entusiasmo porterà ragazzi e ragazze a parlare con altri di ciò che hanno vissuto e appreso, aumentando (anche grazie alla “traduzione” in parole di ciò che hanno vissuto) la persistenza del ricordo e diffondendo la bellezza dell’imparare. Dall’alfabetizzazione emotiva all’uso della ruota di Plutchik, dall’analisi delle emozioni secondarie ai lavori sull’intelligenza emotiva, le esperienze da cui trarre ispirazione (con gioia) sono davvero tantissime.
Anche a livello legislativo le cose si muovono, con proposte di legge e atti ufficiali che finalmente diventano normativa.

 

Warm cognition, come documentarsi

Per capire più in profondità la warm congition i contributi di Daniela Lucangeli sono indubbiamente il top, sia considerando lo spessore scientifico, sia valutando la capacità divulgativa. Il fermento è però diffuso e in scuole di ogni tipo si approfondisce, dibatte e sperimenta un approccio “caldo” allo stare insieme in classe.

 

Le emozioni di chi insegna

Anche chi sta insegnando partecipa alla creazione dello scenario emozionale collettivo e può farlo con consapevolezza. Importante è ovviamente gestire lo stress in classe, in caso contrario sarà difficile generare un clima di piacevolezza, impedendo – di fatto – la warm cognition.

 

E Zingerle? Beh, è diventato il tecnico azzurro che ha portato più successi all’Italia nella storia del biathlon.